Aldo Dazzi nasce a Codena, frazione di Carrara, il 1 gennaio 1920.Qualche mese dopo il padre abbandona il lavoro di scalpellino di cava e si trasferisce con la famiglia in Francia. Aldo cresce a Parigi negli ambienti popolari di Makaloff compie gli studi regolari e trova il primo impiego nello studio fotografico dello zio come ritoccatore. Attività che gli permette i primi approcci con l’immagine.NeI 1938 rientra in Italia e con il fratello Carlo, si stabilisce a Roma dove frequenta la Scuola d’arte e di disegno. Nel 1940 è chiamato alle armi. Fa la campagna di Grecia. Nel 1943 è tra gli sbandati a Roma, dove viene catturato dai tedeschi e deportato a Graz in Austria. Fugge per due volte dal campo di concentramento. Ripreso, dopo una terza avventurosa fuga dalle prigioni di stato entra nella clandestinità partigiana.A Roma nel 1948 comincia la sua lunga carriera artistica. Conosce Guttuso, Attardi, Di Vittorio, lavora come grafico di propaganda del PCI. I suoi quadri sono pregni di neorealismo.

Nella Capitale frequenta gli ambienti di Ferreri, Attardi, Apuleio, Mazzacurati, Scarpitta. Partecipa alle prime collettive.
Nel 1959, dopo essersi sposato quattro anni prima con Antonietta, si trasferisce a Milano dove collabora con Abe Stainer a “Rinascente”
Del 1962-63 sono gli ultimi lavori figurativi di pittura, che abbandona definitivamente nel 1965 per dedicarsi esclusivamente alla scultura.
Nel 1967 dirige a Roma la galleria Cadaim e sempre di quell’anno è la sua prima mostra individuale. Tre anni più tardi lavora a fianco dei pittori Carlo Fayer, Enrico Della Torre, Emiliano Bonfanti. La sua scultura ripudia il figurativo per proiettarsi in quel mondo astratto che gli è così congeniale (lo definiscono il Wildt dell’astrattismo). Le sue opere sono dapprima in legno, poi in acciaio e plexiglas, fino ad arrivare al marmo: il materiale che Dazzi ha amato di più, il suo grande compagno e amico della maturità artistica.
A Condino Aldo Dazzi arriva agli inizi degli anni settanta con la famiglia, e ben presto la quiete e l’ambiente sereno del paese diventano il rifugio dallo stress milanese. Qui durante la villeggiatura, trova la concentrazione e lo spunto per modellare numerose delle sue opere importanti e, quasi a sdebitarsi con la borgata, vuole a 
tutti i costi portare a Condino un po’ del suo mondo.
E’ così che nel 1977, in collaborazione con la locale Pro Loco, organizza la “Prima rassegna internazionale d’arte grafica” con una selezione di tutti i maggiori artisti contemporanei.
Ne gli anni che seguono intensifica i rapporti con il paese e uno dei suoi desideri più vivi è di allestire a Condino una personale con quelle opere scultoree tanto ammirate dalla critica e dal pubblico di mezza Italia.
E’ un sogno che accarezza fino al 1988, fino a pochi mesi prima di cedere alla malattia che da più di un anno Io ha minato duramente.

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