E' nato a Milano il 02 Agosto 1939, al numero 25 di Via Brera. Deceduto in Milano 13 novembre 2024 all'età di 85 anni.E' un artista dal senso tattile molto accentuato, senso tattile che lo agevola nel percepire la fisicilità delle forme, e oltre alle forme della natura, la fisicità di forme -pensiero. Questo lo facilita nel dar corpo alle idee che prendendo corpo, si vestono di materia, a volte pietra a volte legno, a volte metallo a terra vengono a vivere nel nostro universo, vivono nella stessa aria, nel nostro stesso essere, ( da qui, a volte, nel senso nelle sue sculture di no finito) si muovono nel nostro stesso spazio.
Forme massicce e potenti, volumi squadrati o arrotondati: la scultura di MARRONATI ricerca l'idea di semplicità e di forza, una presenza nello spazio decisa e robusta, ma lascia al tempo che la precarietà ma vincolata all'illusoria potenza nelle forme plastiche, sia rilevata da superficie corrose, ossidate, grinzose, che trasformano la geometria dei volumi.
E' una scultura che arriva la possibilità di una ricerca assoluta e di perfezione e ad affermare la vitalità e l'importanza delle scoria, che di ciò e normalmente e rifiutato e che qui al contrario viene recuperato.
Adelio Maronati fa parte di quella schiera di artisti sopravvissuti alla storia; egli appartiene alla stirpe, ben rara, di coloro che non si sono mai traditi ma nemmeno si sono fermati a citar se stessi, in continua ricerca ed evoluzione senza scendere mai a compromessi. La curiosità e la fantasia di un bambino e la sapienza e ii mestiere di chi fa arte da decenni: due doti straordinarie, se capaci di convivere, che in Maronati si fronteggiano in un dialogo costante, esprimendosi senza freni inibitori. A Maronati non interessa apparire. Interessa creare. Creare senza porsi alcun limite, indagando le possibilità espressive di materiali e oggetti che ad altri sarebbero parse avanzi da buttar via, inutili scarti da eliminare. Tutto diventa arte o potrebbe diventarlo; tutto va conservato, osservato, messo alla prova, trasformato in qualcosa di diverse da se. Non ci si lasci ingannare, pero: Maronati non e uno di quegli artisti che fanno del riciclo la propria bandiera. II punto none ii recupero a tutti i costi e neppure la volontà di dare una nuova vita a un rifiuto, ma la scoperta delle potenzialità poetiche di un materiale, qualsiasi essa sia, dal marmo alla spugnetta per lavare i piatti. Quelle di Maronati sono sculture che indagano la materia, la linea e la forma in una direzione esplorativa, finalizzata alla conoscenza e alla scoperta; un'attitudine che trasmette all'opera un forte potere di coinvolgimento del fruitore che, davanti all'opera conclusa, si sente comunque partecipe dell'atto creative.
Lucia PRIMAVERA
Adelio Maronati , uno dei migliori scultori della mia generazione, è un artista dal senso tattile molto accentuato, senso tattile che lo agevola nel percepire la fisicità delle forme, e oltre alle forme della natura, la fisicità di forme-pensiero. Questo lo facilita nel dar corpo alle idee che prendendo corpo, si vestono di materia, a volte pietra, a volte legno, a volte metallo o terra e vengono a vivere nel nostro universo, vivono nella nostra stessa aria, nel nostro stesso essere, (da qui, a volte, il senso nelle sue sculture di non finito) si muovono nel nostro stesso spazio.
Come nella serie di opere degli anni ’80 che Maronati intitolava “Rotolanti”, sculture dalle forme tonde, gonfie, accattivanti, concepite senza piedistallo, ossia senza una base fissa, come sassi, che spostandole assumevano posizioni diverse, senza modificare la loro iniziale immagine.
Le sue opere tendono come noi al quotidiano, fino a subirne l’influsso e la sparizione. Maronati ha usato per alcune delle sue sculture negli anni ’80, vedi “Pelléas et Mélisande” , dei materiali che si decomponevano o si modificavano come limatura di ferro, impasti di colla, carta, paglia , gesso che lasciati all’aria, sole, pioggia si modificavano fino a giungere al disfacimento. Questo è un atteggiamento di pensiero incongruo per la nostra formazione mentale occidentale, meno scandaloso per la cultura ZEN.
D’altronde, come afferma Thomas Merton, Cristianesimo, Zen ed Esistenzialismo non sono forse ramificazioni di una stessa radice?
Le sue opere pregne di questo essere, accettano di diventare, anzi, diventano umane. Accettano (accettando la caducità ) l’abbandono alla temporalità, perciò diventano umili e fragili proprio come il nostro corpo. Sta proprio in questo la sua originalità rispetto agli scultori della sua generazione e di quella precedente, mi riferisco a Piero Manzoni, Nanni Valentini, Mauro Stacciola, Térénce Baldelli., con i quali Maronati ha da condividere molti risultati.
Scultura come corpo, scultura che si muove, interagisce con l’ambiente, scultura che stimola nella gente la voglia di toccare, spostare, usare… Una tattilità non contemplativa, ma tattilità attiva.
La tattilità è il mezzo di conoscenza del reale. La sola vista non ci basta. Da bambini impariamo a conoscere il reale con la vista, con il movimento e con il tatto. Ora un’arte che elimina dall’opera ciò che può disturbare (come decoratività, aneddoti, orpelli ecc..) la diretta e immediata sensazione del reale attraverso la forte stimolazione tattile e del movimento, è arte generatrice di vita, stimola nella gente una sensazione molto forte di vitalità, vitalità che nella realtà, nel suo continuo mutarsi, ci sfugge in continuazione.
Mi ricordo di una scultura di Maronati “Scranno”, una forma talmente pura ed essenziale nei tagli orizzontali, corposa nelle sapienti smussature di tondo e scavo dei fianchi, la parte centrale cava come mano aperta, rosastra dolomitica nel colore, granulosa come sabbia o terra la superficie, esposta su un dosso erboso, e tutti istintivamente ci si sedevano.
Insomma una scultura impossibile per il museo dove è permesso solo guardare.
Scultura possibile per il“Museo dell’Immaginario” ideato da André Malraux nel suo libro “ Il cranio d’ossidiana”.
Nelle opere recenti questa sensazione di non stabilità della scultura, ha portato Maronati a pensare le sue opere sempre di più interattive con l’ambiente sia urbano che non. I suoi lavori sono pensati per una collocazione dinamica con l’ambiente a volte in senso reale come nella scultura “Guardiano” del 1999, a volte di suggerimento allusivo come nelle recentissime opere a “Griglia” o “Scale”. Opere che hanno come struttura di pensiero, la somma, l’addizionarsi dello stesso motivo, come nei lavori di raffinato “zen” di Marck Tobey, o di utopistica aspirazione d’infinito di Brancusi nelle sue “Colonne senza fine”. Somma di un gesto che allude al possibile continuo nello spazio, teso, ansioso verso il bisogno quotidiano d’infinito.
Insomma per concludere, tengo a precisare che un artista come Maronati con un forte senso tattile, mostra tuttavia un’intuizione nuova di tattilità legata al senso di “movimento”, cioè il movimento del braccio (stimolazione tattile) prolungato nello spazio attraverso il movimento dell’opera.
Perciò non più come gli antichi “Statico” cioè contemplativo, bensì “Dinamico” perciò interattivo.
Una scultura quella di Maronati che è essenzialmente una scultura costruttiva, per rimanere nel tema della mostra, ma con canoni e percorsi rinnovati e in evoluzione.
Emiliano Bonfanti
Milano 26 maggio 2002